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Impianti Produzione Acido Tartarico

COS’E’ L’ACIDO TARTARICO

L’acido tartarico è una molecola naturale antiossidante che si trova nella frutta, in particolare nei chicchi d’uva. L’acido tartarico è stato isolato nell’800 da G.I. Hayyan che lo separò dal tartrato di potassio. La componente di utilizzo industriale attuale però è prodotta dalla buccia dell’uva, scarto finale del processo di produzione del vino.

ACIDO TARTARICO: A COSA SERVE?

L’acido tartarico ha svariati ambiti di applicazione in ambito enologico, cosmetico e alimentare. Essendo un efficace dosatore di acidità, si può aggiungere acido tartarico nel vino per ridurne il ph a piacimento, o ancora può essere utile per modificarne il colore, o conferirgli un particolare sapore. L’acido L tartarico è quindi a tutti gli effetti un utile strumento di regolazione in campo vinicolo.

Anche in ambito cosmetico però l’acido tartarico è ampiamente utilizzato a causa dei suoi benefici antiossidanti e schiarenti: è l’elemento principale di molte creme anti età, nutrienti o ad effetto esfoliante.

Nel campo culinario questa componente è utilizzata per regolare l’acidità dei cibi o bevande, nonché per caramelle, paste ecc.; anche in ambito medico se ne fa utilizzo, come ad esempio nella preparazione di sostanze digestive.

Acido Tartarico
Acido Tartarico: impianto di produzione progettato e realizzato
da SMEA Engineering (Ravenna)

 

ACIDO TARTARICO: PROCESSO DI PRODUZIONE

Dalla lavorazione dell’uva si genera la feccia, un suo sottoprodotto che può palesarsi in stato liquido o solido: in quest’ultimo caso la sostanza va pretrattata attraverso una macinazione operata da un mulino a coltelli e in seguito messa a fermentare insieme alla componente liquida.

La sostanza che ne fuoriesce è filtrata e trasferita alla distillazione; a questo punto si utilizza la borlanda per estrarre il tartrato di calcio, che si ottiene in forma cristallina dopo aver fatto decadere il bitartrato di potassio con carbonato e cloruro di calcio.

Dopo esser stato introdotto in appositi cicloni, essiccato e setacciato, il prodotto è pronto per subire i successivi trattamenti, suddivisi in quattro fasi: quelle di attacco/preparazione, di concentrazione continua, di concentrazione discontinua e di essicazione.

Attacco/Preparazione

Su una serie di tini agitati si inizia la scomposizione del tartrato di calcio: immettendo negli stessi acqua e acido solforico si aggiunge successivamente il tartrato di calcio. In questa fase l’acido solforico scompone il tartrato di calcio in acido tartarico che rimane in soluzione e solfato di calcio che precipita.

Questa torbida viene poi filtrata con filtri sottovuoto che separano il solido dal liquido.
La parte solida viene lavata con acqua in modo da togliere tutto l’acido tartarico presente e tramite nastri viene avviata su apposito piazzale in attesa di essere smaltita, secondo le normative vigenti.

Il liquido ottenuto di colore rosso (che contiene acqua, acido tartarico e acido solforico) viene messo a decantare in cisterne polmone, nelle quali deposita una piccola parte di solfati non trattenuti dai filtri.

Concentrazione continua

In questa fase di produzione dell’acido L tartarico si concentra la soluzione con dei concentratori continui sottovuoto, fino ad ottenere una densità di circa 30% di acido tartarico, e si immette nuovamente la soluzione in cisterne polmone per una seconda decantazione.

La soluzione decantata si invia ad una successiva concentrazione continua fino ad ottenere una sospensione di cristallo e acque madri molto densa di circa il 70% in acido tartarico. Questa viene inviata in cristallizzatori, tini agitati e raffreddati, per fare in modo che il cristallo aumenti di diametro e diventi più resistente per poter essere centrifugato.

Una volta raffreddato a temperatura ottimale si inizia la fase di separazione con una centrifuga automatica nella quale si separa l’acido tartarico in cristalli dalle acque madri. L’acido L tartarico in questo stato (grezzo) viene sciolto in acqua con vapore ad una concentrazione del 30% ed inviato poi ai tini di decolorazione, mentre le acque madri vengono stoccate in attesa di una seconda concentrazione.

Dalla seconda concentrazione si ottiene sempre una sospensione che viene avviata ai cristallizzatori, mentre il cristallo prosegue come quello della prima concentrazione, le acque madri di seconda concentrazione vengono inviate ad uno dei tini di attacco per essere rigenerate. Si aggiunge una sospensione di carbonato di calcio fino alla neutralizzazione riformando il tartrato di calcio, si lava con acqua e si toglie l’acqua con un filtro, il tartrato viene nuovamente trasformato in acido tartarico con acido solforico, mentre le acque di lavaggio vengono inviate alla depurazione.

L’acido tartarico in soluzione avviato ai tini di decolorazione viene addizionato con carbone attivo vegetale per decolorare e farina fossile e aiutare la filtrazione. Questa soluzione tenuta in agitazione viene lasciata a decolorare alcune ore, e successivamente viene inviata ad un filtro a piastre dove vengono trattenute la parti solide (carbone e farina fossile) mentre la parte liquida già decolorata, viene inviata in una apposita cisterna

Da questa, la soluzione decolorata viene inviata ad un impianto di decationizzazione a resine, nel quale viene trattenuto il potassio rimasto in soluzione.

Concentrazione discontinua

In questa fase si preleva il liquido decolorato e decationizzato, si concentra con un concentratore sottovuoto discontinuo (a Betch) fino ad ottenere una densità di circa 70% in acido tartarico, dopodiché si travasa in un cristallizzatore.

Una volta raffreddato alla temperatura stabilita inizia la fase di separazione del cristallo, per questa operazione viene utilizzata una centrifuga automatica nella quale si effettua il lavaggio del prodotto con acqua.

Le acque madri ottenute dalla prima centrifugazione vengono di nuovo avviate alla fase di concentrazione, ripercorrendo le fasi sopra descritte. Le acque madri ottenute dalla seconda centrifugazione vengono avviate alla decolorazione.

Essiccazione

Il prodotto finito viene avviato ad una tramoggia polmone la quale attraverso un dosatore continuo, alimenta un essiccatoio ad aria riscaldata a vapore, che toglie la restante umidità. All’uscita dell’essiccatore vi è un mulino a rulli, il quale rompe eventuali grumi formatosi nella fase di essiccazione.

L’acido tartarico così trattato viene inviato con un trasporto pneumatico ad un impianto di setacciatura per essere selezionato nelle granulometrie commerciabili e stoccato in silos per essere poi confezionato.
Dato che l’acido tartarico trova anche un buon utilizzo come prodotto tecnico nell’industria edilizia, viene predisposto in fase di progettazione e in seguito realizzato un reparto apposito nel quale viene micronizzato e aggiunto di un prodotto anti impaccante.

A questo punto, l’acido tartarico è pronto ad essere impiegato nei più svariati ambiti sopra descritti; si è reso un sottoprodotto apparentemente inutile in un interessante opportunità di reimpiego e di guadagno.

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